Gioele Dix tra Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti |
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24 febbraio 2016
Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti, due 'Matti da slegare'
Dopo anni vissuti in una struttura psichiatrica protetta, dove sono diventati amici inseparabili, Elia e Gianni vengono mandati a vivere da soli in un appartamento in centro città. Una prova importante per loro: dovranno inserirsi nella società civile e dimostrare di saper badare a se stessi. Elia e Gianni sono i protagonisti di 'Matti da slegare', spettacolo in scena al Teatro Carcano di Milano, da oggi 24 febbraio al 13 marzo, per la regia di Gioele Dix, interpretati da Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti.
In particolare la serata di giovedì 25 febbraio, alle ore 20.30, sarà dedicata a Fondazione Progetto Arca, onlus che opera ogni giorno per il sostegno delle persone più fragili e per il loro reinserimento sociale. Iacchetti, da anni vicino a Progetto Arca come volontario e testimonial, ha deciso insieme a tutta la compagnia di donare il ricavato della serata alla Fondazione proprio per aiutare lo sviluppo dei progetti di integrazione e promozione dell’autonomia, messi in campo in particolare a Milano. Leggero e ironico ritratto di amicizia e vita, passioni e dolori, paure e coraggio, lo spettacolo racconta il percorso tortuoso, complicato ed esaltante che condurrà i due matti a slegarsi dai tanti fantasmi piccoli e grandi che li hanno resi infelici a lungo. Utilizzando l’arte e l’amore come strumenti di guarigione e riscossa, entrambi riusciranno a trovare una strada personale per il loro reinserimento nel mondo. È questo anche l’obiettivo principale e la mission di Progetto Arca per le migliaia di persone che ogni anno accoglie: da coloro che hanno perso lavoro e legami alle famiglie sfrattate e senza casa, dagli anziani soli ai giovani in fuga da Paesi in guerra. A tutti loro Progetto Arca offre aiuto. 'Matti da Slegare', tratto dalla commedia 'Elling & Kjell Bjarne' del norvegese Axel Hellstenius, è una coproduzione tra il Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e Mismaonda di Bologna.
05 settembre 2013
Tutti pazzi per gli Oblivion: l’arte comica diventa ebook
Un colpo di fulmine. È quello che pochi mesi fa è arrivato dritto al cuore di Emidio De Albentiis (nella foto, a destra), professione storico, critico d’arte e archeologo, durante uno spettacolo teatrale degli Oblivion, artisticamente nati nel 2002, ma saliti agli onori della ribalta nel 2009, quando sul web spopolò la pièce ‘I promessi sposi in 10 minuti’, irresistibile parodia del romanzo di Manzoni.
Chi sono gli Oblivion, visti da vicino?
Tutti e cinque i componenti del gruppo si sono formati a Bologna alla Bernstein School of Musical Theater, un’istituzione del musical, e si sono dedicati con impegno anche all’insegnamento. Le due donne, Graziana Borciani e Francesca Folloni, entrambe reggiane, sono dotate di splendide voci, come del resto anche i tre uomini del gruppo, il triestino Davide Calabrese, Lorenzo Scuda, bolognese di Porretta Terme e l’eugubino Fabio Vagnarelli.
Quali peculiarità ha ravvisato nel loro stile?
La loro comicità s’innesta, con grande ed evidente originalità, nel clima culturale definibile come ‘postmoderno’, in cui la memoria consapevole del passato convive con l’attualità, sia dal punto di vista dello stile sia da quello dei contenuti: ma la cosa più importante, oltre al fatto che gli Oblivion sanno unire intelligenza e divertimento suscitando spesso applausi e risate a scena aperta, è la loro prodigiosa cultura teatrale e musicale, capace di spaziare con eguale efficacia dalla citazione della musica lirica dell’Ottocento (il loro attuale spettacolo, 'Othello, l’h è muta' è ispirato a Verdi, ma anche a Shakespeare e a Rossini, con richiami tutt’altro che secondari a Quentin Tarantino, Zucchero, il Quartetto Cetra, Donatella Rettore, ecc) ai rapper più estremi come Fabri Fibra e Club Dogy Box. Tra le tante altre peculiarità da segnalare anche la propensione a evitare i facili effetti mediante volgarità o simili – dal momento che preferiscono, di gran lunga, esprimersi con l’arguzia e il garbo – e la capacità di toccare anche le corde di un notevole impegno civile senza mai diventare seriosi: penso, solo per citarne uno, a un loro splendido brano, ‘La stazione di Bologna’, che con calviniana leggerezza allude amaramente alla strage del 2 agosto 1980.
Come si articola l’ebook?
Un frame tratto da 'I promessi sposi in 10 minuti' |
Come si coniuga la sua passione per la storia e l’archeologia con quella per il teatro?
Negli anni ho scritto parecchi tra libri e cataloghi di archeologia, arte e arte contemporanea, ma questo è il mio primo ebook e anche il mio primo contributo dedicato al teatro, passione che ho sempre avuto fin da ragazzo. Averlo scritto sugli Oblivion – non solo bravissimi artisti, ma ragazzi che hanno saputo mantenersi semplici nonostante il meritato successo – è poi un motivo in più per esserne orgoglioso.
A quali altri progetti culturali si sta dedicando?
Ho appena inaugurato a Città di Castello una mostra su uno degli artisti-simbolo del ventesimo secolo, Andy Warhol. Ma oltre a dedicarmi a quella che dovrebbe essere la mia normale professione di storico e critico d’arte penso di continuare a scrivere altri ebook: una serie dedicata alle relazioni tra mondo dell’arte e calcio (si chiamerà ‘Arte e pallone’ e sarà concepita per parallelismi tra grandi artisti e grandi calciatori, ma non fatemi dire di più...) e una serie, più istituzionale, di agili monografie di protagonisti dell’arte: il primo in cantiere è René Magritte.
Ha una visione molto poliedrica del lavoro, dunque. Qual è stato il suo percorso di carriera?
Nei miei anni universitari ho avuto la fortuna di avere un maestro straordinario, Filippo Coarelli, uno dei massimi esperti viventi di archeologia romana, che non solo mi ha fornito fondamentali ragguagli per leggere il ‘fenomeno-arte’, ma mi ha insegnato a sentirmi libero di spaziare intellettualmente, rifiutando eccessi specialistici che talvolta possono chiudere la mente. Chissà, avere scritto un testo sul teatro comico provenendo da una tesi sull’antica Pompei, nasce anche dalla visione aperta di Coarelli! Altro fondamentale aspetto della mia carriera è stato l’insegnamento, trascorso per oltre vent’anni con i ragazzi dell’Istituto d’Arte ‘Bernardino di Betto’ di Perugia, un’esperienza preziosa e fondamentale, e, dal 2005, con altrettanto entusiasmo, con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti ‘Pietro Vannucci’ della medesima città, Perugia, in cui vivo dal 1977, quando vi giunsi, diciannovenne, da Milano.
Emidio De Albentiis, Tutti pazzi per gli Oblivion, Cendon Libri, 2013, pagg. 147, 4 euro
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