Le parole hanno una straordinaria forza intrinseca. Esaltano e annientano. Descrivono e classificano. Tutto ciò che tacciamo, omettiamo o non diciamo corre il rischio di non esistere per chi ci ascolta. In una logica di comunicazione sempre più inclusiva, capace di non discriminare sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere, dell'età, dell'etnia, dell'aspetto fisico, dello stato sociale o di una qualsiasi disabilità, l'agenzia di comunicazione integrata Take nell'ambito dei Digital Innovation Days (evento sull'innovazione digitale in corso a Milano dal 25 al 27 ottobre) presenta Inclusive Talk, un tool basato sull'Intelligenza Artificiale che permette di trasformare ogni testo nella sua versione più inclusiva. Lo strumento non si limita a sostituire parole offensive o discriminatorie, ma interpreta il contesto ed è impostato per correggere ogni pregiudizio linguistico. Un esempio? I candidati, i dipendenti… ancora troppo spesso si utilizza il maschile per identificare un gruppo di persone di cui non si conosce il genere. È il cosiddetto 'maschile sovraesteso', forse pratico ma di certo non inclusivo. È proprio questo il raggio di azione del tool messo a punto da Take che integra l'analisi di linee guida DEI con milioni di documenti già inclusi nel sistema di LLM (Large Language Model) e, utilizzando la conoscenza collettiva, avvia un processo di trasformazione del testo in una versione più inclusiva, basata sull'eliminazione di termini equivoci ancora annodati, magari anche incondizionatamente, a pregiudizi ormai del tutto inopportuni. Attualmente il tool vuole stimolare la riflessione sul linguaggio, ma in futuro potrebbe diventare un assistente virtuale per l'agenzia e le aziende clienti allo scopo di sviluppare campagne di comunicazione scevre da stereotipi e pregiudizi. Nato su matrice italiana, il tool è potenzialmente aperto a qualsiasi lingua, tant'è che è stato recentemente condiviso con il network di agenzie internazionali a cui l'agenzia Take aderisce per cogliere le sue potenzialità anche oltreconfine.
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27 settembre 2022
'Io parlo con il dito', la tovaglietta per comunicare con il cameriere
Chi è affetto da disturbo specifico del linguaggio ha ora a disposizione un mezzo in grado di agevolare la comunicazione con il personale di alcuni locali della ristorazione milanese. Si tratta di 'Io parlo con il dito', una tovaglietta di carta ideata dall'associazione di promozione sociale clinicaMente, la cui missione è la promozione del benessere psicologico individuale e di gruppo. La caratteristica della tovaglietta di carta, simile a quelle già presente in molti esercizi, è quella di raffigurare simboli più comuni relativi all'alimentazione e alla permanenza nei locali (forchetta, acqua, bagno, etc). Indicandoli, la persona affetta da disturbo specifico del linguaggio riuscirà più facilmente a comunicare, potendo esprimere così le proprie esigenze mentre il cameriere potrà, da parte sua, comprenderli e interagire più facilmente. La tovaglietta s'ispira ai princìpi della Comunicazione aumentativa alternativa (Caa), un'area della pratica clinica rivolta a tutti coloro che presentano delle disabilità comunicative del linguaggio, sia permanenti sia temporanee. L'associazione clinicaMente è accreditata con la Fondazione Ca' Granda Irccs Policlinico di Milano e, dal 2018, sviluppa il progetto 'Psicologo in Hospital Kids' (Clinica pediatrica De Marchi). Sostengono l'iniziativa l'assessorato allo Sviluppo economico del Comune di Milano; Epam con Confcommercio Milano e il Garante lombardo dei diritti per l’infanzia. In collaborazione con Epam, l’Associazione pubblici esercizi Confcommercio Milano, in una fase sperimentale durata tre mesi, la tovaglietta è già stata distribuita e utilizzata con riscontri positivi in otto attività milanesi. La sperimentazione ha coinvolto anche sei genitori di bambini con disturbi del linguaggio.
17 luglio 2019
Wiko indaga i trend in tema di emoji, le faccine gialle stilizzate
Oggi si celebra il World Emoji Day, la giornata internazionale dell'emoticon. Wiko, brand di telefonia portavoce del lusso democratico, ha interrogato, con un sondaggio su Facebook, gli utenti iscritti al gruppo Wiko Community Italia, per scoprire quali sono i trend in tema di emoji.
Sempre più utilizzate, le emoticon sono un linguaggio non verbale universale |
Le 'faccine gialle', sempre più utilizzate, sono ormai diventate un linguaggio non verbale universale capace di tradurre in simboli grafici emozioni, espressioni, reazioni e gesti, ma anche di sostituire determinate parole, arricchendo e talvolta cambiando radicalmente il significato dei messaggi. Questo fenomeno testimonia un'evoluzione delle abitudini e dei costumi, evidenziando come il linguaggio della nostra società stia cambiando in una direzione che privilegia velocità, immediatezza e immagini. Il primo dato che emerge riguarda l'utilizzo stesso delle emoji: il 100% del campione le usa abitualmente per velocizzare e sintetizzare messaggi. Più nel dettaglio, si scopre inoltre che le emoji più diffuse sono quelle legate a emozioni positive. Al primo posto c'è la faccina che piange di gioia (53%), seguita dal classico smile che sorride (18%) e dall'emoji con gli occhi a forma di cuore (16%). E se le immagini e foto di animali fanno incetta di cuori e like sui social, tra le emoji sembra invece che abbiano meno successo: solo il leone (3%) va per la maggiore. Se da un lato le faccine sono un alleato perfetto, da utilizzare a tutte le età per una comunicazione efficace e veloce, ci sono alcuni contesti in cui sarebbe meglio evitarle. Secondo il 42% degli intervistati è meglio non utilizzare le emoji per comunicare con i propri superiori, seguito da un ulteriore 25% che dichiara che sarebbe meglio evitarne l'utilizzo anche con i colleghi di lavoro.
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20 marzo 2017
Scatti di grandi fotografi nel nuovo numero di Wired Italia
Paolo Sorrentino è 'ospite' d'eccezione del mag monografico |
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